Questo articolo costituisce la seconda parte del discorso avviato pochi giorni fa sui servizi di educativa domiciliare. Dopo aver descritto brevemente gli interventi di assistenza domiciliare ai minori, qui cerco di spiegare perché - e come - è possibile utilizzare il metodo della estensione della Consultazione Partecipata anche in questi servizi.
L'obiettivo ultimo dell'ADM è consentire la permanenza del minore nel suo contesto di origine, a fronte di situazioni di momentanea crisi familiare, in cui si ravvisino difficoltà, da parte dei genitori, nello svolgimento delle funzioni di cura ed educazione. In quanto intervento di sostegno alle famiglie, l'ADM è quindi - a dispetto del proprio nome, che potrebbe trarre in inganno - destinata sia al figlio sia ai genitori.
Sappiamo bene, ormai, che anche la Consultazione Partecipata "guarda" al figlio (sofferente, disagiato, disturbato, in preda a sintomi) coinvolgendo anche i suoi genitori. Quindi un primo elemento che rende possibile l'estensione della CP nell'ADM è il concetto fondamentale di intervenire a supporto dei bambini o adolescenti tramite un intervento che sia rivolto all'intero gruppo familiare.
Altri elementi di congruenza tra la CP e l'ADM sono: l'ottica di prevenzione; l'idea del recupero della genitorialità; l'attenzione al legame tra genitori e figlio; il setting concepito come flessibile e adattabile.
Questi elementi di contiguità tra Consultazione Partecipata e ADM sono ciò che ci consente di pensare di estendere la prima nella seconda. In considerazione di quanto esposto fin qui, nell'attesa di poter sperimentare la estensione della CP nell'ADM, abbiamo intanto avviato una sperimentazione nell'ambito della mia attività libero professionale.
L'educativa domiciliare privata e quella afferente al servizio pubblico differiscono in un unico importante aspetto: chi la richiede. L'ADM è un servizio proposto dal Servizio Sociale competente, in accordo con la famiglia stessa oppure, più spesso, per disposizione dell'Autorità Giudiziaria. L'educativa domiciliare privata è invece una prestazione che chiede (e paga) la famiglia stessa - rivolgendosi, su sua libera scelta, a un professionista specifico, a una cooperativa sociale, a un ente di assistenza.
Questa differenza è centrale, in quanto impatta su tanti altri aspetti, quali: i motivi per cui viene attivato l'intervento, la motivazione dei genitori, il rapporto tra i genitori e il professionista. (E, badate, la bilancia non pende affatto tutta a favore del privato! Ci sono anche qui degli elementi critici. Per esempio: l'assenza di riunioni di équipe e di supervisioni; la frequente impossibilità di svolgere interventi massicci; la difficoltà di comunicare e collaborare con le agenzie del territorio e con altri servizi; l'estrema attenzione e delicatezza che la relazione con i genitori richiede.)
Per quanto mi riguarda, ho scelto di strutturare i miei interventi educativi rivolti alle famiglie secondo fasi, ognuna delle quali è concepita come la tappa di un percorso e prevede il suo specifico contratto tra me e i genitori. La prima fase è sempre, per tutti i nuclei, quella della consultazione. La consultazione è l'anticamera dell'intervento vero e proprio, una fase di conoscenza e valutazione, nel corso della quale si analizza il bisogno, si individuano criticità e risorse, si definisce l'obiettivo da perseguire e, infine, si decide insieme quali azioni mettere in campo. Consiste in un numero di incontri variabile tra cinque e dieci, costituiti - in alternanza - da colloqui con i genitori e da visite al domicilio.
Rispetto alla Consultazione Partecipata, quindi, questa consultazione educativa mantiene la valenza di intervento preliminare e preventivo, a carattere valutativo ma tutto centrato sulla relazione tra genitori e figlio. Ma oltre a questo elemento di corrispondenza - che rimane peculiare delle mie scelte metodologiche - per l'educativa domiciliare privata restano comunque validi tutti gli altri punti di congruenza rilevati per l'ADM.

Gli elementi di contiguità che ho elencato ci consentono di trasporre alcuni ingredienti della Consultazione Partecipata all'educativa domiciliare (sia pubblica sia privata). Si tratta degli stessi ingredienti trasposti anche nello Spazio Neutro, ma li richiamerò brevemente di nuovo: le regole fondamentali della CP come indicazioni da dare ai genitori; la separazione tra incontri congiunti e colloqui con i soli genitori; la concezione dei genitori come "più stretti collaboratori" dell'educatore; i concetti di "atmosfera emotiva", "rêverie" ed "epochè". E aggiungo (con un'anticipazione sull'argomento del prossimo articolo): i documenti affettivi.
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