Questo articolo costituisce la trascrizione, un po' rivisitata ma comunque fedele, dell'episodio 11 del mio podcast Nel frattempo
Cos’è l’educativa domiciliare privata? Come si svolge? Quando e a chi ha senso proporla?
I servizi educativi domiciliari sono rivolti a diversi tipi di utenza/clientela. Io qui farò, come sempre, riferimento all’ambito minori e famiglie.
Cosa cambia rispetto all'ADM?
Partiamo da una breve descrizione dell’ADM (assistenza educativa domiciliare ai minori) che è l’intervento domiciliare che viene svolto con le famiglie in carico ai Servizi.
L’ADM è un intervento di sostegno rivolto alle famiglie che in quel momento si trovano in una situazione di crisi, tale per cui ci sono delle difficoltà , da parte dei genitori, nella cura e nell’educazione dei figli. È quindi un servizio di carattere preventivo che coinvolge tutto il nucleo familiare. Verso i figli vengono messe in campo azioni protettive e supportive, finalizzate alla tutela e allo sviluppo di risorse e capacità ; mentre, contemporaneamente, si sostengono e accompagnano i genitori, affinché acquisiscano o rafforzino le competenze genitoriali.
Tra ADM ed educativa domiciliare privata ci sono sia analogie sia differenze.
Vediamo i punti comuni.
Sia nel pubblico sia nel privato, si tratta di un intervento familiare. Si lavora non solo con i minori ma anche con gli adulti. (Il modo in cui questo viene fatto dipende dal tipo di approccio e dal metodo che si adotta, ma in ogni caso non si tratta mai di un intervento individuale sul figlio o figlia. La logica è quella di un percorso da fare insieme.)
L'intervento si concentra sulla comunicazione e sulla relazione tra genitori e figli. Quindi, anche laddove ci siano fragilità importanti che riguardano il minore, è necessario lavorare sul legame e sull’interazione.
I compiti essenziali del/della professionista sono per lo più gli stessi – osservare, progettare, agire secondo intenzionalità , documentare etc.
Quindi, cosa cambia?
Innanzitutto, cambia la cornice dentro la quale ci si muove, che non è più quella stabilita da un Tribunale e/o da un Servizio sociale, ma che è quella del contratto che stipulano professionista e famiglia.
Conseguentemente, cambia la struttura dell’intervento, che necessariamente si articola secondo delle fasi: innanzitutto, la fase di consultazione; poi, una o più fasi di intervento vero e proprio; e infine la fase di chiusura. Tutto questo sempre condividendo e concordando con la famiglia tempi, obiettivi, azioni, modalità e strumenti.
E cambia la solitudine del/della professionista, che nel caso delle domiciliari private è ancora più grande. Perché chi svolge ADM entra da solo/a nelle case delle famiglie, però lo fa sempre in quanto membro e rappresentante di un’équipe. Inoltre: può fare riferimento a un coordinatore; spesso svolge i colloqui insieme a un'altra figura professionale; ha le équipe, le reti, le supervisioni. Mentre chi si occupa di educativa domiciliare privata lavora da solo/a sempre. (Anche quando ci sono altri/e che abbiano in carico una o più persone della famiglia, con cui magari si attivano scambi e confronti, resta il fatto che si è gli unici pensatori, attori, rappresentanti e responsabili del proprio servizio e del proprio operato.)
Quando ha senso svolgere interventi educativi domiciliari?
Si potrebbe pensare che si fanno le domiciliari quando la situazione è grave e/o complessa, e si fanno le consulenze in tutti gli altri casi. Ma non è proprio così.
Ci sono situazioni in cui risulta piuttosto semplice e immediato capire quale sia il servizio più adatto. (E qui faccio riferimento anche a tutti quei casi in cui ci si può facilmente rendere conto che occorre fare un invio.)
Ma sono tanti i casi in cui invece è importante non essere superficiali o sbrigativi e valutare attentamente qual servizio sia più opportuno.
Di certo il grado di criticità della situazione è un fattore da considerare, però non è l’unico. Perché può avere senso fare un intervento domiciliare anche con famiglie che rientrano nella sfera della cosiddetta normalità . Così come, viceversa, si può valutare di lavorare in consulenza con famiglie che invece stanno attraversando una crisi importante.
Inoltre, consulenze e domiciliari non si autoescludono, quindi si può anche passare da un servizio all’altro – iniziando con un intervento a casa e poi via via passando a un percorso consulenziale, ma anche viceversa.
E infine ci sono situazioni particolari in cui la questione non si pone nemmeno.
Per esempio, a me è stato chiesto di fare da ausiliaria a una CTU. In quel caso non era in discussione quale intervento svolgere, perché mi era stato dato un incarico molto preciso, per altro all’interno di una cornice ben definita.
Questo è un caso particolare, in cui l’intervento domiciliare si colloca un po’ al confine tra pubblico e privato. Lo menziono sia perché, purtroppo, è piuttosto raro e quindi poco conosciuto, sia perché mi permette di sottolineare l'ampiezza della casistica – ampiezza che ci richiede una grande flessibilità e, quindi, una grande solidità professionale.
Perché educatori ed educatrici in libera professione dovrebbe volersi occupare di educativa domiciliare?
Perché le domiciliari sono un intervento molto potente, di grandissima efficacia. Entrando nelle case delle famiglie si possono raccogliere, tramite l’osservazione diretta, degli elementi che diversamente sarebbe difficile raccogliere. E questo permette di lavorare in modo estremamente focalizzato, approfondito e collaborativo.
Perché le domiciliari danno la possibilità di arrivare a tutte le famiglie. Nel privato si ha (potenzialmente) a che fare con l'intero spettro di situazioni – da quelle di grave pregiudizio a quelle di cosiddetta normalità .
Ma anche perché ci sono alcuni fattori esterni favorevoli. Stiamo assistendo a un sensibile aumento di richieste da parte delle famiglie, nonché a un aumento degli invii e delle proposte di collaborazione da parte di altre figure professionali. Personalmente, ritengo che questo sia un segnale importante che andrebbe raccolto.

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